Sangue di rosa scarlatta

recensione a cura di Alessandra Di Gregorio, per Progetto Babele.

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Autore: Vittorio Graziosi

Editore: Prospettiva Editrice

Collana: Lettere

Data di Pubblicazione: Febbraio 2008

ISBN: 8874184840

ISBN-13: 9788874184842

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Sangue di rosa scarlatta, testo tradotto, all’interno dello stesso volume, in inglese e ucraino, è una storia straordinariamente toccante e coerente, modulata sulle righe di un diario asciutto, denso.

Mi preme sottolineare la coerenza, quale caratteristica preponderante del volume, perché siamo di fronte ad un tema delicatissimo, trattato con lucida sensibilità dall’Autore, svolto con una scrittura lineare, dai toni intimi, non urlati. Toni che permettono di apprezzare la sensibilità di un Autore che penetra nel dolore lacerante della perdita, avverando, attraverso una scrittura morbida e un periodare netto e musicale, la realizzazione di un racconto profondamente umano. Per riuscire a realizzare tutto questo, infondendo un’aura di semplicità rara da riscontrare in un libro senza chiedersi “ma è una storia vera?”, lo scrittore mette da parte se stesso e l’idea di romanzo per favorire, comprensibilmente, l’uomo preso nella sua essenza devastata. Solo attraverso un procedimento mentale molto calzante, si può rendere plausibile e vera una realtà nata sulla carta.

Quella che abbiamo di fronte è anche una storia con un fatto vero di cronaca nel mezzo, raccontato non come l’hanno raccontato i giornali, ma come lo racconta un padre al suo viso riflesso in uno specchio; una storia che si svolge su due piani speculari (più che altro perché l’uno ha causato l’altro), che finiscono per intersecarsi e creare uno scenario drammatico. La sensazione di uno squarcio aperto all’improvviso. Il dover tollerare di continuare a esserci, sopravvivendo all’innaturale perdita. La presa di coscienza di essere chiamati, in questa vita, a passare oltre, a decifrare e digerire un disegno più grande di quanto a fondo possa andare il nostro discernimento degli eventi.

Da lettrice e recensore, ma soprattutto da persona con un vissuto personale doloroso molto attinente alla storia presente nel libro, non ho potuto che sentire la vicinanza toccante e dolce di una scrittura tanto autentica; di un sentimento così complesso da rendere concreto agli occhi degli altri. Un sentimento che si tace perché il resto del mondo non lo comprende, si fa un problema se tu non vivi e non ti butti la morte alle spalle mandando giù un’aspirina…

Lungi da complessi psicologismi, solo un sopravvissuto che ogni giorno si carica di nuova vita dopo una perdita violenta, sa con esattezza quanto è robusto il suo midollo DOPO, e sa qual è l’alto costo che una vita del genere ha richiesto.

Il Narratore si mette a nudo, non si nega niente. Il terrore, la voglia di morire, il panico, il rifiuto della luce. La ricerca di Paolo, il desiderio di dargli vita ancora, l’inedia, la perdita dell’interesse per la propria vita e l’esistere comune. L’odio, la rabbia, l’idea della vendetta, la nemesi. L’accettazione di un dono e di una grande responsabilità. La vita nel suo fluire magico ed inquietante…

Il romanzo si articola fondamentalmente in quattro fasi. La prima: la rottura improvvisa dell’idillio, l’annuncio della morte del figlio Paolo nell’attentato terroristico che ha sconvolto Londra; mentre il papà attendeva il ritorno di quel figlio diventato grande tra le sue braccia, cresciuto in un batter d’occhio, tutta la vita fatta assieme si sbriciola. Salta in aria per l’odio alimentato da fanatismo religioso di matrice islamica. La seconda: la vita senza Paolo, la sua ragazza e Lucia, la madre che non è mai stata madre e moglie. Terza fase: la ricerca della vendetta, andare a Londra, vendicare tutte le vittime dell’attentato, vendicare Paolo. Quarta fase: la ripresa della vita. Lo scambio: Kaled.

Attraverso la ricerca della vendetta questo padre distrutto sfoltisce e nutre un giardino devastato, il giardino da cui hanno reciso la troppo giovane vita del più bel fiore. Del suo Paolo. In questo giardino che incuria e rabbia, perdita di attaccamento e sostanza, hanno reso lugubre e senza segni di vita, in realtà scorre altra vita sotterranea. Nell’incontro col padre dell’attentatore suicida è presente un forte messaggio di umanità.

Per i motivi sopra elencati e soprattutto per il modo che ho di intendere la vita, penso che il messaggio non riguardi tanto lo scontro/incontro di popoli e realtà diverse, il no al terrorismo etc. Al contrario, il messaggio è molto più essenziale, perché riguarda gli esseri umani nudi e Dio.

Come si tampona, altrimenti, la morte di un figlio, se non attraversando l’inferno andata e ritorno? Quanto costano certi fiori… In alcuni giardini, per un disegno che non possiamo conoscere in anticipo a prescindere, i fiori sono d’oro e costano la vita.

Alessandra Di Gregorio

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